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di Andrea Degl’Innocenti -04/11/2012

tratto da:

www.stopalconsumoditerritorio.it

Per una volta il nostro paese mostra un’immagine coerente di sé. Istituzioni e cittadini si impegnano per fermare una delle peggiori piaghe dell’era moderna: il consumo di suolo. Il governo e le regioni hanno raggiunto l’accordo sul ddl contro il consumo di suolo agricolo, e intanto Tommaso Gamaleri, progettista edile, lancia un accorato appello ai colleghi per una “obiezione di coscienza sul consumo di suolo”.
Istituzioni e cittadini per una volta uniti nel combattere la cementificazione e salvaguardare il territorio nazionale

Siamo abituati ad osservare ogni giorno un paese bipolare, con i vertici che spingono verso il precipizio di una crisi ambientale, energetica, sociale sempre più acuta e la base che lotta e si ingegna per sopravvivere, spesso oppone al moto inerziale del paese forze di verso contrario, che agiscono per un cambiamento culturale, politico, economico.

Per una volta non è così: i vertici del paese e la sua base più virtuosa sembrano spingere nella stessa direzione, su un tema di importanza capitale. Stiamo parlando del consumo di suolo, e di due eventi occorsi in parallelo: il raggiunto accordo fra stato e regioni sul disegno di legge che mira a frenare la cementificazione e il lancio di un APPELLO alla “obiezione di coscienza sul consumo di suolo” da parte di Tommaso Gamaleri, un progettista edile, che sta raccogliendo molti consensi. Entrambi i fatti vanno letti nella cornice di una sensibilità sempre più diffusa e capillare riguardo alle tematiche del consumo del territorio, alimentata dal sempre più partecipato forum di Salviamo il Paesaggio.

http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/

Partiamo dalla prima questione, ripercorrendone brevemente le tappe. A luglio scorso il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Mario Catania aveva proposto al consiglio dei ministri un disegno di legge sul consumo di suolo agricolo. Tre gli elementi principali del ddl: porre un tetto massimo alla superficie nazionale edificabile, individuando una soglia oltre la quale sarà impossibile costruire oltre; congelare il cambio di destinazione d’uso per i terreni agricoli che hanno ricevuto aiuti da parte della Ue; impedire che i Comuni possano utilizzare gli oneri di urbanizzazione per finanziare la spesa corrente.

Una legge decisamente illuminata, simile per molti aspetti a quella che l’asse Verdi/Rifondazione aveva provato a far passare durante il governo Prodi; ai tempi la proposta finì con un nulla di fatto per il predominio della linea-Pd, che vedeva nel cemento e nel mattone (il cosiddetto “modello Roma”), l’unica via di sviluppo futuro del paese. Questa volta invece il governo ha detto sì, pur con qualche malumore, e il 14 settembre scorso il ddl è stato approvato dal consiglio dei ministri.

I malumori, secondo quanto scriveva il noto urbanista Paolo Berdini, erano dovuti alle resistenze del ministro ai trasporti e alle infrastrutture Corrado Passera e del suo vice Mario Ciaccia. I due avrebbero voluto tutelare gli interessi degli istituti bancari “esposti per cifre importanti in folli proposte urbanistiche”. Per questo motivo – continuava Berdini – il provvedimento non venne portato avanti con le procedure d’urgenza utilizzate invece nella riforma delle pensioni e del lavoro.

Il ddl fu quindi presentato alle regioni, e lì la legge sembrò sul punto di arenarsi. Le regioni chiedevano modifiche che il governo non sembrava disposto ad accettare. La situazione stagnava. Poi, pochi giorni fa, la buona notizia: l’accordo fra governo e regioni è stato raggiunto. Il testo è stato modificato in alcuni punti e risulta persino migliore della prima bozza: ad esempio è stata introdotta una moratoria che, a partire dall’entrata in vigore della legge e fino al completo recepimento della legge negli strumenti urbanistici (e comunque per un massimo di tre anni), impedisca il consumo di superficie agricola, fatte salve “le previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, le opere pubbliche e gli interventi strumentali all’esercizio delle attività degli imprenditori agricoli”.

Il ministro Catania ha definito “in larga parte condivisibili” le novità introdotte dal confronto con le regioni, mentre Legambiente ha commentato soddisfatta l’accordo: “I tavoli tecnici della Conferenza Unificata tra Stato e Regioni hanno prodotto un testo sensibilmente migliorato, che ci permette di esprimere un primo giudizio molto positivo sul ddl – ha dichiarato Damiano Di Simine, responsabile suolo di Legambiente – ci sono ancora margini di miglioramento, che non mancheremo di segnalare nel corso dell’istruttoria parlamentare”. Adesso starà al parlamento approvare il testo.

Ma veniamo all’altro fatto positivo. La cultura del rispetto per il paesaggio ed il territorio sta seguendo una parallela diffusione dal basso. Il merito è soprattutto, come accennavamo in precedenza, del Forum Nazionale “Salviamo il Paesaggio – Difendiamo i Territori”, un aggregato di associazioni e cittadini di tutta Italia nato sul modello del Forum per l’acqua pubblica, che persegue l’obiettivo di salvare il paesaggio e il territorio italiano dalla deregulation e dal cemento selvaggio.

È proprio al Forum che si rivolge Tommaso Gamaleri nel suo. Tommaso è un un progettista dell’efficienza energetica, collaboratore dell’Associazione PAEA, che da sempre cerca delle risposte ad alcune sue domande ricorrenti: “Di fronte al consumo di territorio cosa possono fare i progettisti edili ‘critici’? In che modo un tecnico come me, convinto della necessità di uno stop immediato alle nuove edificazioni che distruggono suolo, vi si può opporre?”.

Domande alle quali, per anni, Tommaso si è dato delle risposte che non lo soddisfacevano del tutto. Davanti alle proposte di eseguire nuove costruzioni “ho ritenuto di non dovermi tirare indietro (il committente avrebbe facilmente trovato un altro tecnico disposto a svolgere il lavoro) ma di far forza sul ruolo conferitomi per ridurre il danno, […] massimizzare gli spessori degli isolamenti e l’efficienza degli impianti, [facendo] attenzione che dalla teoria del progetto si passasse realmente alla pratica in cantiere. Ritengo che qualche risultato sia stato ottenuto e che qualche nuova costruzione abbia consumato del suolo con un’impronta ecologica complessiva leggermente minore”.

Ma ben presto Tommaso si è reso conto che una posizione del genere non era più sufficiente a fronteggiare la deriva del territorio italiano. “Questa consapevolezza mi aiutava a mascherare il timore di avere assunto un atteggiamento complice. E dentro di me continuavo ad attribuire la responsabilità del danno a chi aveva politicamente deciso la pianificazione territoriale, a chi aveva messo a disposizione il lotto di terreno e a chi aveva investito (speculato) nella costruzione”. Ma la soluzione stava altrove.

“Ho maturato ora una differente convinzione: il fenomeno del consumo di suolo va contrastato alla base, evitando anche che possa sfruttare una targa energetica per autogiustificarsi. Serve una nuova cultura collettiva e noi tecnici possiamo giocare un ruolo importante se diamo nuovi stimoli di riflessione”.

Dunque perché non iniziare a cambiare? “Il cambiamento può passare anche attraverso la constatazione che ‘c’è chi dice no‘ – continua Tommaso -. Per questo ho scelto di fare obiezione di coscienza al consumo di territorio, non accettando più alcun incarico progettuale per edifici da realizzarsi su terreni non ancora edificati”. Tommaso Gamaleri ha scelto la sua strada ed ora invita tutti a seguirlo, lanciando “un appello a coloro che vorranno condividere con me questa scelta per formare una massa critica capace di futuro. Servirà darsi degli obiettivi, definire dei criteri di azione, essere capaci di comunicare”.

Sul consumo di suolo i dati forniti dal Forum non sono incoraggianti: “negli ultimi 30 anni abbiamo cementificato un quinto dell’Italia, circa 6 milioni di ettari; in Italia ci sono 10 milioni di case vuote, eppure si continua a costruire; i suoli fertili sono una risorsa preziosissima e non rinnovabile. E li stiamo perdendo per sempre”. Per fortuna i segnali che arrivano dall’alto come dal basso lasciano ben sperare. E alcuni esempi virtuosi sembrano indicare la strada da seguire.

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