Lista civica italiana appoggia i gruppi e le associazioni femminili quali “NO MORE” , “DI.R.E.” , “Se non ora quando Lombardia”, “GiULiA.” che in questi giorni si stanno mobilitando per proporre modifiche al decreto legge contro il femminicidio varato dal governo Letta e chiede che questo decreto potenzi l’aspetto preventivo con fondi sia per i Centri antiviolenza e le strutture protette, che richiedono personale preparato e una supervisione continua, sia per l’attività informativa ed educativa.
Il decreto legge è stato accolto con entusiasmo, come se finalmente si fosse individuata la soluzione al problema, in realtà esso è molto focalizzato sulla repressione che però non é sufficiente. Non prevede infatti prevenzione, educazione ai sentimenti e alle relazioni positive e al rispetto dell’altra/o a partire dalla scuola, informazione, sensibilizzazione, formazione continua per gli operatori del settore, promozione di iniziative per la eguaglianza di genere in tutti i campi (politico, economico), l’istituzione di un osservatorio che nel nostro paese non esiste e di un tribunale di genere, come in Spagna.
Il decreto stabilisce l’ irrevocabilità della querela: le donne per l’ennesima volta trattate come persone incapaci di decidere. Chi subisce violenza e coraggiosamente decide di denunciarla deve essere tutelato e aiutato perchè frequentemente ciò comporta grandi rischi, spesso mortali. E’ quindi fondamentale che la donna possa scegliere quando e se denunciare e questo spesso accade con il sostegno di esperti/e e solo dopo avere recuperato l’autostima.
Se la legge stabilisce che la querela non é ritirabile, è necessario disporre di centri antiviolenza e case delle donne perchè non sempre è possibile denunciare il proprio aggressore e poi fare ritorno a casa: in Italia i posti letto disponibili sono circa 500 a fronte dei 5700 previsti dalla normativa Europea largamente disattesa.
Il decreto non prevede infine interventi di carattere terapeutico/psicologico per gli uomini violenti che più facilmente, in assenza di tali misure, ripetono questo reato. In Italia esistono alcuni centri che offrono agli uomini la possibilità di un percorso individuale e di gruppo e che hanno dato ottimi risultati, ma queste realtà non sono sufficienti.
Affrontare la violenza contro le donne e i minori come una mera questione di ordine pubblico e di sicurezza, anziché come un problema culturale e strutturale, porta fuori strada; è necessario invece un insieme di misure coordinate e su più fronti come indicato dall’Europa e dalla Convenzione di Istanbul.
Fine del comunicato