Aggionamento: 12.51 05/04/2013
Lista civica italiana si impegna per l’attuazione dei principi fondamentali della Costituzione, riconoscendo la Persona come anteriore allo Stato e quest’ultimo al servizio di essa: proposito di fatto disatteso dai governi italiani che si sono succeduti dal dopoguerra ad oggi. Non si tratta semplicemente di difendere la Costituzione, la politica deve garantire l’effettiva applicazione dei diritti e doveri in essa previsti attraverso un programma che indichi chiaramente le direttive sociali e politiche alle quali dovrà ispirarsi la legislazione della Repubblica italiana.
Ecco i punti qualificanti del programma di LCI:
1) Introduzione della democrazia diretta a fianco della democrazia rappresentativa con gli strumenti della democrazia diretta che diano ai cittadini/e la concreta possibilità di esercitare la sovranità popolare pervista dall’art. 1 della Costituzione, responsabilizzandoli e rendendoli partecipi delle scelte riguardanti il Paese, a livello locale, nazionale, internazionale. Il riferimento è alla legge di iniziativa popolare “Quroum zero – Più democrazia” già depositata in Parlamento nel 2012. Alcune delle proposte in essa contenute: eliminazione del quorum dai referendum, spazi pubblici gratuiti per la discussione delle iniziative e referendum, referendum propositivo e confermativo, istituto di revoca per eletti inadempienti;
2) riformare l’attuale sistema della politica.
Proposte: numero di mandati limitato e divieto di cumuli di cariche pubbliche, dimezzamento stipendi, no ai privilegi (rimborso spese sanitarie, cure estetiche, trasporti gratuiti ecc) e ai vitalizi, auto blu consentite solo alle 4 più alte cariche dello Stato e ai ministri, revisione totale della legge sui rimborsi elettorali, legge sulla trasparenza e la rendicontazione dei bilanci dei partiti, nuova legge elettorale con sistema proporzionale (riduzione soglie, ripristino preferenze, riduzione sottoscrizioni delle liste, i cittadini devono poter raccogliere e certificare le firme, elezioni primarie per accedere alle liste, ), criteri ridigi di candidabilità (no a condannati), pene doppie ai politici sorpresi a rubare nelle funzioni del loro dovere, legge sul conflitto d’interesse, giro di vite su stipendi, benefit, pensioni e buonuscite “d’oro” di dirigenti nelle società a partecipazione pubblica;
3) Problema del debito pubblico. elaborare una proposta condivisa tra i portatori di interesse circa il tema del debito pubblico (“Se non capisco non pago” proposta da Francesco Gesualdi del Centro Nuovo Modello di Sviluppo; “Smonta il debito”; Re-Common; “Rivolta il debito”; “No debito”) sulla necessità di creare una commissione nazionale di indagine autorevole e imparziale che faccia luce sulle origini del debito e sulla legittimità di tutte le sue componenti, al fine di mettere a punto una proposta di riforma fiscale e della spesa pubblica per giungere a una stabilità finanziaria. Questi gruppi di “esperti” e conoscitori della tematiche finanziarie sono anche in grado di elencare una serie di iniziative per colpire la speculazione finanziaria e per una riforma bancaria che separi il credito finanziario da quello commerciale;
4) Riforma fiscale secondo l’articolo 53 della Costituzione Spesso si fanno promesse elettorali senza dire da dove si prenderanno le risorse per finanziarle. Lista civica italiana dice chiaramente che bisogna recuperare risorse economiche dallo stop alle grandi opere inutili, dalla tassazione della speculazione finanziaria, dalla riforma tributaria basata sull’art. 53 della Costituzione, dalla lotta all’evasione fiscale, dalla riduzione delle spese militari, dal taglio agli sprechi e privilegi nella politica e nelle società pubbliche, dalla lotta alla corruzione e alle mafie. La riforma fiscale secondo l’articolo 53 della Costituzione è quella proposta dall’omonima Associazione Articolo 53. Interessa 40 milioni di contribuenti rappresentati da lavoratori dipendenti e pensionati – che pagano, attualmente, il 93% dell’intero gettito IRPEF pur possedendo solo il 27% della ricchezza nazionale – e da quei 4 milioni di precari, mascherati da false partite IVA. Questa riforma coinvolge le leggi 600/73, 917/86, 331/86 che permettono 450/500 miliardi di “sommerso” da evasione fiscale, corruzione e criminalità organizzata.
L’ammontare previsto delle entrate dovrebbe essere di circa 585 miliardi. Nel dettaglio:
a) recupero di gettito erariale di 160 miliardi annui tra IVA ed IRPEF;
b) recupero di 50 miliardi di evasione contributiva;
c) recupero di 35 miliardi dalla corruzione ( oggi quantificata dalla Corte dei Conti intorno ai 70 miliardi);
d) con l’eliminazione di tutti i tipi di cedolari secche i redditi comunque conseguiti andranno sottoposti ad IRPEF e quindi a progressività. L’applicazione dell’articolo 53 della Costituzione ai redditi da capitale (cedole degli azionisti) alle rendite finanziarie e immobiliari renderà 20 miliardi circa;
e) con l’eliminazione delle agevolazioni fiscali rappresentate da 270 miliardi annui, avremo le risorse (60 miliardi circa) per finanziare le deducibilità delle spese primarie, prevista dalla riforma fiscale;
f) recupero dei miliardi occorrenti per gli aerei da guerra F 35 e con la netta riduzione delle spese militari (intorno ai 50 miliardi).
Bisogna sostituire il “Patto di stabilità” con un “Patto di coesione nazionale” negoziato tra Governo e Comuni in modo da non penalizzare i Comuni virtuosi e da riconoscere a questi ultimi quell’autonomia sancita dagli Artt. 5 e 114 della Costituzione;
5) destinare massicci investimenti: per il lavoro e per una sua riorganizzazione che riesca a mettere insieme diritti-salute-tutele sociali-sicurezza-sostenibilità; creare opportunità per i giovani; per un welfare non assistenzialista ma basato sul principio di sussidiarietà; per il risanamento del territorio; per la sanità e la scuola pubblica; per i beni comuni; per la valorizzazione del paesaggio, del patrimonio artistico-culturale, del turismo di cui abbonda l’Italia; per la promozione dell’educazione civica e la ricostruzione del senso di cittadinanza, per politiche anti-razzismo e anti-violenza, per la parità di genere e le pari opportunità;
6) uscire dalla logica delle grandi opere e dei grandi eventi e puntare sulla promozione delle piccole opere diffuse che spesso sono anche a favore della qualità della vita del cittadino e sull’ ammodernamento e potenziamento delle infrastrutture esistenti, dando priorità: all’adeguamento della rete di ingresso alle principali aree urbane e alla rete ferroviaria ordinaria attraverso un nuovo Piano nazionale della Mobilità, che abbia al centro le aree urbane, il riequilibrio modale nel trasporto merci, la riduzione delle emissioni di gas serra rivedendo completamente le procedure derivanti dalla Legge Obiettivo, che va abolita. La legge n° 443 del 2001, conosciuta anche come Legge Obiettivo è lo strumento legislativo che stabilisce procedure e modalità di finanziamento per la realizzazione delle infrastrutture, definite “strategiche” ma quasi sempre di dubbia necessità. La legge opera per il decennio dal 2002 al 2013, senza coinvolgere le popolazioni interessate e al di fuori degli interessi reali del paese. Riteniamo quindi strategico effettuare investimenti per la messa in sicurezza e la tutela del territorio con i criteri della rinaturalizzazione, per la riconversione del sistema energetico e il risparmio di energia, per il miglioramento dei servizi pubblici fondamentali (acquedotti, trasporti, sanità, servizi sociali), per la promozione di forme produttive sostenibili a livello locale, per passare progressivamente dal trasporto su gomma a quello su ferro e su acqua, per la valorizzazione dei punti di forza dell’Italia che sono il paesaggio, la cultura, la creatività, l’ingente patrimonio artistico e il sole. Tutto ciò è il nostro vero petrolio. I crimini ambientali devono essere configurati come crimini contro l’umanità;
7) riconvertire gradualmente il sistema economico, uscendo dalla logica della crescita e del consumo di risorse in maniera scriteriata, verso un’economia sociale incardinata nel territorio come orizzonte di riferimento per la lotta alla disoccupazione e all’esclusione sociale, ma anche per la transizione verso modelli di produzione ecologicamente sostenibili. Va sostenuta l’economia produttiva, schiacciata in questi anni dal peso sempre più crescente della finanza speculativa, ma che sia ritarata sui bisogni primari delle persone e che abbia un’effettiva utilità sociale, garantendo il rispetto dell’ambiente in nome della vivibilità e della salute umana, la tutela dei diritti umani, una maggiore equità nella redistribuzione dei profitti. Ciò prevede un’inevitabile trasformazione dei luoghi, dei tempi e dell’organizzazione del lavoro sulla base della sua funzione sociale come riconosciuto dalla Costituzione italiana, in particolare nell’Art. 41: non “di più a tutti i costi” come vuole il mantra della “crescita”, le nuove parole d’ordine devono essere “sostenibile, umano e adeguato”.
E’ indispensabile creare consapevolezza nei cittadini, nel mondo politico e in quello economico sulla necessità di produrre e utilizzare beni e servizi di qualità ecologica e ridotto impatto ambientale per tutelare le risorse naturali partendo dallacentralità della grave crisi provocata dai cambiamenti climatici che impone scelte radicali di azzeramento delle emissioni in tutti settori e nel modello produttivo, nonché nelle strategie di adattamento. Deve diffondersi la consapevolezza sui servizi ecosistemici offerti e garantiti dalla tutela della biodiversità.
La classe dirigente, in sinergia con i vari portatori di interesse, deve porsi con urgenza la questione degli indirizzi della nuova politica industriale e della conversione post-industriale.Non si tratta di creare nuove fabbriche, ma di trasformare quelle esistenti per renderle più eco-compatibili e metterle in condizione di produrre ciò che serve secondo nuovi schemi di consumo orientati ai bisogni fondamentali per tutti.
Vogliamo l’introduzione nelle valutazioni politiche di misuratori di benessere (es. Indicatori di felicità) che siano in grado di monitorare il benessere dei cittadini e di misuratori di impatto ambientale (Impronta ecologica www.footprintnetwork.org ) uniti alla redazione annuale di un bilancio ambientale dello Stato da affiancare a quello economico. Va introdotta una legge sulla Responsabilità sociale di impresa per rendere trasparenti le attività delle aziende e la filiera produttiva e rendendo pubblici gli assetti proprietari delle grandi compagnie.
Le piccole-medie imprese, colpite profondamente dalla crisi economica, chiedono interventi urgenti, ad esempio, certezza dei pagamenti, credito diretto alle imprese, sgravi fiscali e revisione del sistema di tassazione delle imprese e delle persone fisiche. Va disincentivato il fenomeno della delocalizzazione delle aziende attraverso l’agevolazione e la valorizzazione del prodotto di qualità fabbricato interamente in Italia secondo criteri sostenibili. Servono misure contro la concorrenza sleale e controlli severi dei prodotti di importazione, soprattutto, quelli low cost, verificando che siano stati rispettati i diritti dei lavoratori e la sicurezza ambientale. Vanno fermate le liberalizzazioni degli orari e i nuovi insediamenti di centri commerciali; vanno invece sostenuti i negozi di vicinato. Vanno promosse le forme organizzative dell’economia civile (cooperative e imprese sociali) che sanno produrre reddito e al tempo stesso inclusione e socializzazione. Bisogna investire in settori sostenibili che offrono da subito posti di lavoro: le energie pulite e il riuso e riciclaggio dei materiali (con seri controlli per prevenire le infiltrazioni criminali), gli interventi per rimediare al dissesto idrogeologico (il 70 % del territorio nazionale è in pericolo), la bioedilizia e la riqualificazione energetica, la messa in sicurezza delle scuole (circa la metà di esse sono fuori legge), la riparazione e gestione degli acquedotti (il 40 % dell’acqua si perde nella rete di distribuzione), il completamento delle reti di raccolta fognarie e di depurazione, il miglioramento del trasporto pubblico urbano e regionale (in complesso il più arretrato d’ Europa), la manutenzione e fruizione dei beni culturali, l’ecoturismo, l’attività artigianale di qualità. In un anno sono nate in Italia oltre 73.000 piccole imprese in settori sostenibili (information technology, bioagricoltura e alimentare, green economy, riparazioni, cura della persona) a dimostrazione che l’ambiente e la sostenibilità stanno creando impresa in Italia. Tutto ciò potrebbe essere anche la base di partenza per un piano economico soprattutto per il Sud Italia.
8) lotta alle mafie e alla criminalità organizzata, occorre passare da una politica del contenimento, come è stato fatto finora soprattutto per la mafia “militare”, a una vera e propria politica di annientamento, in particolare sul fronte della mafia finanziaria e della collusione con la politica e le istituzioni. In tema di legalità e lotta alla corruzione servono nuove figure di reato (ad esempio l’autoriciclaggio, il falso in bilancio, l’eliminazione dei condoni). E’ indispensabile la riforma della giustizia e delle carceri;
9) promuovere in politica internazionale di una visione regionalista, in quanto l’integrazione regionale rappresenta la miglior forma di lotta al sottosviluppo e un grande passo in avanti verso il sistema di governance globale di cui abbiamo bisogno per tenere sotto controllo la speculazione finanziaria, i conflitti locali e la crisi ecologica. Concepiamo l’Europa non come un’unione economica, ma come una comunità di persone impegnate a costruire un modello sociale ed economico fondato su democrazia, solidarietà, sostenibilità e diritti: l’Europa dei popoli. Il nostro modello di Europa è di tipo federale, gli Stati Uniti d’Europa, con il primato del governo politico sugli interessi delle lobbies finanziarie, determinando una netta svolta negli indirizzi neoliberisti e monetaristi di politica economica sino ad oggi predominanti;
10) spese militari, disarmo. Revisione e taglio delle spese militari investendo su cooperazione internazionale, Difesa Popolare Nonviolenta e Servizio Civile Nazionale; riduzione progressiva della spesa militare fino ad arrivare al disarmo, mantenendo solo Forze di polizia; stretto controllo parlamentare delle Forze Armate; riconversione dell’industria bellica a scopi civili; ridiscutere l’adesione alla NATO; riforma e rilancio dell’ONU e del Consiglio di Sicurezza dell’ONU;
11) scuola pubblica. Noi crediamo che l’educazione sia l’attività fondamentale per creare cittadini responsabili, critici, curiosi, partecipativi, solidali e capaci di cogliere la bellezza della natura; in questo senso la scuola va cambiata in modo radicale.La scuola pubblica deve essere gratuita per tutti (come dice la Costituzione); la scuola deve essere del miglior livello; la scuola deve integrare le diversità; l’educazione deve essere permanente.
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